Don Dario

CHI ERA DON DARIO CIANI

 

Originario di Tredozio, dove è nato il 17 marzo 1945, don Dario Ciani è stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1969 a Rocca San Casciano, ancora incardinata nella Diocesi di Modigliana, dall’allora vescovo monsignor Antonio Ravagli. Nominato cappellano a Bussecchio iniziò in quella parrocchia le esperienze di solidarietà sviluppate poi a Sadurano. Fu successivamente nominato parroco a Magliano e a Massa, mentre nel 1974 gli fu affidata la parrocchia di Sadurano, dove nel 1982 fondò la comunità e la cooperativa sociale San Giuseppe, per accogliere ex tossicodipendenti, persone diversamente abili ed ex carcerati, per ricostruire, insieme a loro un percorso di rinascita umana, tramite la vita comunitaria e il lavoro.

 

Quando don Dario giunse per la prima volta a Sadurano si trovò di fronte poco più di un cumulo di macerie, tanto che gli venne spontaneo confrontarle con la condizione umana di abbandono e di disgregazione. Sempre con riferimento a quel luogo disabitato e dimenticato, lo stesso sacerdote amava raccontare: «Abbiamo costruito la casa ed il lavoro intorno, e abbiamo scommesso sull’utopia della normalità. Da chi guarda solo da lontano, Sadurano è stata superficialmente ed erroneamente identificata come la comunità per ex tossicodipendenti. In realtà Sadurano è un espressione del popolo che agisce con tutte le proprie risorse affrontando i bisogni». Don Dario si definiva anche  un portatore sano di una vocazione ostinata alla difesa dei più deboli, tra cui i carcerati, i tossici e i malati mentali: per questo Sadurano è stato anche un luogo prezioso di accoglienza e solidarietà.

 

Don Dario, per oltre 20 anni (dal 1990 al 2013), è stato anche cappellano della Casa Circondariale di Forlì, rappresentando un punto di riferimento umano e cristiano per i detenuti. E’ scomparso il 26 luglio 2015, a seguito di un’enfisema polmonare, che lo aveva colpito da anni. E’ sepolto nel cimitero parrocchia di San Varano, piccola frazione di Forlì, in direzione Castrocaro Terme.

 

 

IL RICORDO DI DON DARIO DOPO LA SCOMPARSA

 

 

Don Dario Ciani, un innovatore sociale (Percorsi Solidali – n. 4/2015)

Nel corso dell’estate è accaduto un fatto che ci ha resi, tutti, un po’ più poveri dentro: con la scomparsa di don Dario Ciani, infatti, la comunità forlivese non ha perso solo un prete ispirato, ma un innovatore spesso scomodo, forse spigoloso, ma con la capacità di scuotere gli animi delle persone al fine di comunicare con passione che su valori come giustizia e solidarietà non è possibile fare sconti. O si vivono con tutto se stessi o è meglio lasciar perdere.
Don Dario, ordinato prete nel 1969, fondatore della Comunità di Bussecchio prima e di Sadurano poi e, per oltre vent’anni cappellano delle carceri di Forlì, ha vissuto la missione sacerdotale con un chiodo fisso: la ricerca costante di aprire nuove strade per promuovere una società più giusta, dove chi sta ai margini potesse avere gli stessi diritti e le stesse opportunità di tutti gli altri.

 

Conoscere i pensieri di chi ha condiviso pezzi di strada con lui è certamente utile per comprendere quanto sia preziosa la sua eredità.

 

“Quando sono arrivato a Forlì – afferma mons. Lino Pizzi, vescovo di Forlì-Bertinoro – don Dario era già impegnato da tempo in attività sociali: ha speso la sua vita con generosità per aiutare persone povere, con disagio, senza lavoro, carcerate. E’ stato certamente un ottimo prete, che ha risposto con forza a quanto ci chiede il Signore e portato avanti i suoi progetti con determinazione. Ha avuto il coraggio di esporsi, in tante circostanze, in prima persona: a volte non è stato compreso e forse anche osteggiato, ma ha dimostrato una generosità unica, nel mettersi a fianco delle persone ai margini della società”.

 

“Lo conosco fin da quanto eravamo ragazzi – racconta Maurizio Balestra, amico di don Dario e suo compagno di viaggio ai tempi di Bussecchio – francamente mi ha cambiato la vita. A metà degli anni ‘70, insieme a lui, a Franco Marzocchi e ad altri, facemmo partire una delle prime cooperative sociali, la CCB (Cooperativa Comunità Bussecchio) con un centro stampa ed un’officina meccanica, dove c’era posto anche per lavoratori disabili. Fu lui che, sempre in quegli anni, fece inserire all’Asilo della Parrocchia un bimbo con handicap, suscitando polemiche a non finire: insomma credo siano sufficienti questi due fatti per comprendere il suo ruolo di anticipatore dei tempi e di catalizzatore per i giovani, che sapeva contagiare con le sue idee entusiastiche”.

 

“Ho conosciuto don Dario nel 1983, – ricorda Daniele Mambelli – in Confcooperative a Forlì: l’anno precedente aveva costituito la coop. agricola San Giuseppe, un’esperienza semplice, ma, per il periodo, sconvolgente. Erano gli anni in cui l’agricoltura era spinta alla produzione intensiva: don Dario promosse, al contrario, concetti innovativi, facendo sì che terreni agricoli abbandonati rappresentassero nuove opportunità, con coltivazioni biologiche e soprattutto con l’accoglienza di persone con problematiche differenti, accompagnate, tramite il lavoro, in un percorso formativo e riabilitativo. In quegli anni è iniziata la mia storia con don Dario (per lui non era un incontro, ma «l’inizio di una storia»): nel 1990 celebrò le mie nozze con Alessandra a Sadurano, una cerimonia, ricordo, molto intensa. La nostra storia ha avuto altre tappe importanti, fra cui la costituzione dell’associazione Amici di Sadurano, che promossi con alcuni amici, tramite la quale abbiamo dato seguito a varie iniziative, quali Sadurano Serenade, Arte sul Colle, Lotteria di Sadurano, che proprio grazie a don Dario, riuscì a coinvolgere tutte le organizzazioni non profit del territorio”.

 

“Di lui mi ha sempre colpito – sono parole di Stefano Uguzzoni, collaboratore da una vita di don Dario – la dedizione ai bisogni degli altri, in merito ai quali non si dava pace fino a che non riusciva a offrire risposte efficaci. Con lui ho trascorso quasi 30 anni della mia esistenza: l’ho conosciuto nel 1983 e dal 1985, dopo che mi sono sposato con Barbara, ho vissuto a Sadurano. Ho condiviso con lui lo sviluppo della cooperativa e delle attività agricole che abbiamo avviato insieme. Mi ha insegnato ad essere vicino alle persone meno fortunate, a fare squadra con loro, nel lavoro come nella vita, perchè – mi diceva sempre – da soli non si fa nulla”.

 

“Pensando a don Dario – afferma Alberto Bravi, presidente dell’associazione Amici di Sadurano – dico che lui non si è mai posto come un maestro, ma come un compagno di viaggio, un amico da cui imparavi tanto, che, di fatto, diventava maestro di vita senza porsi come tale. Era, poi, un precursore dei tempi che ha aperto la strada ad altri, senza raccogliere i benefici del suo lavoro. A lui si deve lo sviluppo di un modello integrato fra solidarietà, agricoltura e salute che non aveva pari in Italia: questo modello, Sadurano, però, aveva bisogno di un sostegno, non poteva essere lasciato sul libero mercato, visto l’alto valore etico che rappresentava. La recente legge, approvata in Senato, relativa all’agricoltura sociale, avvenuta qulche giorno dopo la scomparsa di don Dario, è la conferma che, ancora una volta, esperienze come quella di Sadurano hanno aperto nuove strade e nuove speranze per il futuro”.

 

 

Il ricordo di don Dario (Il Momento, 30 luglio 2015)

 

“Il vescovo, mons. Lino Pizzi ha presieduto martedì 28 luglio nella Cattedrale di Forlì i funerali di don Dario Ciani, parroco e fondatore della comunità di Sadurano morto all’alba di domenica 26, a 70 anni.

 

“Caro don Dario – afferma il manifesto con cui il Vescovo e i sacerdoti della diocesi annunciano la morte del confratello – ai nostri occhi la malattia sembrava aver reso silente l’impegno pastorale d’un tempo. Ma più indeboliva il corpo, più il tuo spirito s’irradiava di quella pietà e misericordia, che sono state le perle concrete del tuo ministero. Sapevi andare al cuore delle cose: divenuto silenzioso, ti sei reso a tutti straordinariamente eloquente. Grazie!”

 

Originario di Tredozio dove era nato il 17 marzo 1945 don Dario ed era stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1969. Nominato cappellano a Bussecchio iniziò in quella parrocchia le esperienze di solidarietà sviluppate poi a Sadurano. Parroco poi a Magliano e a Massa, nel 1974 fu nominato in quella di Sadurano dove nel 1982 fondò la cooperativa per assistere ex tossicodipendenti, invalidi fisici e mentali ed ex carcerati.

 

“Il mio intento era dare una casa a chi non l’aveva – affermava ancora don Dario in una intervista al settimanale il Momento nel 2005 – ho avuto il dono di intravedere nelle situazioni più difficili o in quelle belle qualcosa di più grande per me. Questo è stato il dono speciale che ho ricevuto, riconoscere nelle circostanze che mi accadevano, in tutti gli incontri quello che avrebbe cambiato me”. Fino al 2013 don Dario era stato per oltre 20 anni anche cappellano delle carceri di Forlì, era intervenuto più volte pubblicamente per parlare del recupero dei detenuti e aveva raccontato la sua esperienza anche in due libri “Dov’è Dio? Il Vangelo quotidiano secondo quattro preti di strada (Einaudi) e “Vite sbarrate” (Foschi editore). Ne aveva parlato anche sul Momento, il settimanale diocesano dove per quasi tre anni aveva tenuto la rubrica di commento al Vangelo domenicale: “Nel carcere uno entra colpevole – scriveva don Dario – ed esce vittima. A me questo non sta bene. Una città che non prende a cuore e non rispetta i suoi figli ultimi, ha ancora tanta strada da fare sul piano umano, sociale, religioso”.

 

Nel 2009 festeggiando il 40° anniversario di ordinazione aveva così riassunto il suo ministero: “Ho sempre pensato che la vocazione di Dio, illuminata dalla grazia, passa attraverso il bisogno degli uomini. Se dovessi definire il mio ministero dovrei chiamarlo un sacerdozio di relazione. Con le iniziative che portiamo avanti si è allargata la parrocchia, ogni giorno incontriamo tante persone e tentiamo di tirare fuori dalla necessità l’essere umano”.
La salma di don Dario è stata tumulata nel cimitero di San Varano.

 

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